N°13/2010 Registro Stampa Trib.di Roma il 19/01/2010 - Direttore Responsabile: Giulio de Nicolais d'Afflitto.
NUMERO 160° Maggio 2024 Anno XIV°  

Michael Levi: In Italia l'antisemitismo e' altrove. Berlusconi e' da sempre amico degli Ebrei.

Michael Levi e' membro del direttivo e vice presidente di BEIT Polska, l'istituzione che raggruppa in Polonia le Comunita' Ebraiche Liberali aderenti su scala internazionale  alla prestigiosa World Union of Progressive Judaism. Formatosi al Politecnico di Milano, ha lavorato con grandi multinazionali ed e' oggi impegnato in Italia come imprenditore nel settore Oil & Gas e Petrolchimico.

di Leonardo A. Losito

Michael Levi:  In Italia l'antisemitismo e' altrove. Berlusconi e' da sempre amico degli Ebrei.

D.  Ingegner Levi, per diversi anni Lei e' stato  tra le figure di spicco della "Jewish Renaissance"  in un Paese martoriato dalla Shoah come la  Polonia. La Sua famiglia proviene da un antico ceppo della diaspora ebraico-sefardita, legata da secoli alla grande tradizione rabbinica egiziana. E' anche noto il Suo storico legame parentale gia' dal Medio Evo con il grande Rambam (Rabbi Moshe Ben Maimon). Come riassumerebbe la valenza concettuale ed il significato odierno della Memoria?

R.  Noi Ebrei siamo un popolo che ricorda, un popolo che si contraddistingue perché si sforza  di ricordare sempre e di non far dimenticare la propria storia: il bene ed il male, i momenti drammatici, gli eroi e i giusti, le vittorie, le persecuzioni e le responsabilità.  La nostre più importanti festività sono legate al culto memoriale della nostra storia biblica. Anche il ricordo della Shoah è per noi un dovere, un modo per compiere la nostra missione di Tikkun Olam, cioe' di contribuire a preservare  il mondo dall’ ingiustizia e dalla violenza. La Shoah per noi è inviolabile perché’ se se ne permette la gratuita banalizzazione, o peggio ancora la negazione, vuol dire che il mondo si piega di nuovo sconfitto di fronte alla cieca violenza e all’ ingiustizia.

D.  Parole condivisibilmente forti le Sue: si riferisce anche a quanto si e' letto ultimamente sulla stampa a proposito dell'analogia espressa da Silvio Berlusconi tra l'odio feroce dei Nazisti per gli Ebrei e l'accanimento mediatico e giudiziario di cui lui si sente vittima insieme  alla sua famiglia?

R.  Ho dovuto attendere alcuni giorni prima di potermi esprimere serenamente sulla frase immediatamente shoccante del ex Premier Silvio Berlusconi. E' un accostamento di cui riesco a comprendere le ragioni per cui da molti  Ebrei in ogni parte del mondo possa essere considerato sbagliata e devastante questa sua allusione analogica e retoricamente strumentale  alla Shoah, che è stato uno dei peggiori crimini della storia umana. Io ho vissuto diversi anni in Polonia. Ho visto molti ghetti e conosco la loro storia. Ho visto i campi di concentramento e di sterminio e so qual'e' l’ orrore che ancor oggi si cela dietro a quei recinti e  a quelle rovine. Ho conosciuto di persona diversi sopravvissuti, alcuni sono miei amici. Conosco i drammi delle loro famiglie e le loro sofferenze. Per questo mi rattrista davvero tantissimo che anche una singola frase improvvida abbia potuto recare danno e dolore ulteriore a persone che non lo meritano, ad esseri umani che hanno il diritto di godere  in tranquillità gli ultimi anni di una vita segnata dal dolore e dalla sofferenza, dagli incubi e dai ricordi. Per tutte queste ragioni, mi sembra quindi chiaro che non e' possibile paragonare la situazione della famiglia Berlusconi con quella degli Ebrei nei ghetti europei e con la sofferenza dei gelidi campi di concentramento nazisti in Polonia, in cui la regola quotidiana era la violenza e la morte.

D.  Su questa vicenda, Lei quindi esprime un giudizio negativo. Puo' esplicitarne meglio il senso?

R.  Io non giudico. Cerco solo di ragionare senza smarrire il contesto di cio' che stiamo discutendo.  Spero solo che l’ ex Premier sappia porre rimedio a questo errore. Detto questo, avverto anche l'esigenza di chiarire alcuni punti fondamentali. E Le spiego perche'. Conosco di persona sia l’ex Premier Berlusconi che la sua famiglia e per quel che mi consta posso assicurare che sono ben distanti sia da pregiudizi antisemiti che dal razzismo. E’ una famiglia sana e solidale che ovviamente soffre per la campagna mediatica e politica da tempo in corso contro di loro. Ritenere che Silvio Berlusconi o, ancora peggio, tutta la sua famiglia, sia responsabile di tutti problemi degli Italiani, compreso l'alto tasso di pregiudizi antiebraici  purtroppo da noi ancora circolanti,  è solo propaganda disonesta. I problemi italiani sono ben altrimenti radicati nel nostro Paese: prima che altri, e' innanzitutto il debito pubblico che è oneroso per tutti a causa dei forti interessi passivi ad esso connesso. E le cause sono da ricercare in una cattiva gestione del Paese, con forme di corruzione e di clientelismo politico sicuramente antecedenti e non riconducibili tout court all’ esperienza politica di Berlusconi.

D.  Ma non ritiene che anche in momenti difficili e di forte tensione emotiva,  sia privata che pubblica, un personaggio di alta visibilita' internazionale debba sempre ben soppesare le sue esternazioni?

R.  Quel che posso dire e' che uno Statista lo si puo' e anzi lo si deve valutare anzitutto per i suoi atti di concreto spessore istituzionale. E' all'interno dei contesti protocollari che il simbolismo del dire e del fare si carica di elementi significativi per tutta la collettivita'. Personalmente, di Berlusconi io non posso non ricordare la sua visita al Museo della Storia della Shoah di Gerusalemme, dov'e' raccolta e custodita la documentazione sulle crudelta' piu' efferate subite dagli Ebrei di tutto il mpndo. Berlusconi lo visitò da Primo Ministro della Repubblica Italiana il 1 Febbraio del 2010: cioe' a dire, con meditato tempismo, a pochi giorni dal Giorno della commemorazione Europea della Shoah. In quella occasione, ad accompagnarlo nel percorso del ricordo c'erano il Ministro dell’ Educazione di Israele, Gideon Sa'ar ed il direttore del Museo dello Yad Vashem, Avner Shalev. E ricordo anche che questa fu la seconda visita  di Berlusconi al Museo: la prima l'aveva fatta dieci anni prima, nel 2000. Entrambi i dignitari israeliani rimasero colpiti dalle reazioni  di Berlusconi durante la seconda visita di Stato: in special modo dal dolore che provò sia visitando le sale che nel guardare i documenti. Il direttore del Museo di Yad Vashem lo ricorda con queste parole: "Lo abbiamo visto di fronte a cose che lui non era in grado di elaborare, con la cruda verità. Non è venuto semplicemente per passare attraverso il museo: si e' fermato, ha guardato da vicino, ha dettato il ritmo, ha preso il suo tempo. Ha detto di aver subito un'esperienza interiore travolgente e che ci vorrà molto tempo per maturare quell’ esperienza ed elaborarla".

D. In altri termini, secondo Lei, quello che un personaggio pubblico ha detto in passato pubblicamente, ieri, puo' anche essere invocato a scusante di una gaffe successiva, oggi?

R.  Guardi, linguisticamente io sono di solito alle prese con i registri espressivi del business, fatti piu' che altro di freddi numbers and figures anziche' di metafore, similitudini e sfumature retoriche. Io mi limito esclusivamente a sottolineare che se le parole contano, esse contano sempre e per tutti, specialmente quando le si scrive. Il diritto di critica e' fuor di dubbio un pilastro inalienabile della Democrazia. Nondimeno, lascerei volentieri agli specialisti di discipline come l'Ermeneutica e la Filologia il compito di assemblare, confrontare e valutare quello che un politico ed uno Statista scrive in un momento di alta rappresentativita' collettiva,  rispetto a quanto puo' dire a voce in un momento di stress.

D.  Comprendo il Suo auspicio, ma non vorra' dirmi che questioni scottanti come quelle di cui noi stiamo discutendo sarebbe meglio lasciarle in appannaggio al ristretto circolo dell' Accademia?

R. Niente affatto, anzi!  Penso che tra le tante categorie professionali di gente che (al servizio dello Stato) legge, scrive e parla per mestiere,  prim'ancora che ai polemisti di partito o ai mass media politicamente schierati spetterebbe  ai Diplomatici intervenire prontamente. Specie quando si verificano episodi di per se' criticabili ed incresciosi che travalicano tematicmente i confini nazionali.  Come ad esempio accadde nel 2008, quando un Ministro degli Esteri italiano in carica (e per di piu' ex Presidente del Consiglio) in piu' occasioni prese posizione a favore di Hamas sul difficile e tuttora irrisolto tema negoziale israelo-palestinese. Io ricordo che in quel caso, mentre dall'Ambasciata di Israele a Roma ci furono repliche abbastanza risentite, salvo rare eccezioni, sull'operato di Massimo D'Alema ci fu un assordante silenzio di elzeviristi ed anchormen del servizio televisivo pubblico: persino di fronte all'oggettiva gravita' della solidarieta' espressa ad alleati di un' organizzazione  come Hezbollah, che oggi viene ritenuta terrorista dalla stessa Unione Europea. Sono queste le ferite che ci fanno piu' male. E non sono le uniche: perche' a volte una mancata condanna o anche solo il silenzio su chi apertamente ancora ci perseguita, brucia di piu' di parole sbagliate dette da un leader politico come Berlusconi, che per anni si e' impegnato nella difesa sia della Comunita' Ebraica che di Israele.

D.  D'accordo. Ma posto che le parole abbiano un peso spazio-temporale variabile,  come si rimedia al rischio della discrezionalita' di quel che possono significare per la gran massa di  chi le riceve?

R.  Il problema esiste ed affrontarlo e' sempre molto complesso. Pero', vede, se partiamo dalla dolorosa constatazione che il popolo Ebraico e' uno dei pochi al mondo che pur avendo subito un terribile crimine durante la II guerra mondiale ancora oggi debba continuare a lottare per difendersi, e' evidente che insieme al chi ne e' l'autore, dovra' pur contare qualcosa il dove, il quando, il come ed il perche' certe cose si scrivono o si dicono.  E per quel che riguarda un argomento delicatissimo e sempre scottante come la persecuzione degli Ebrei, le sue parole Silvio Berlusconi le lasciò scritte, con tutto il dolore che esprimono, sul libro degli ospiti del Museo di Gerusalemme: “La nostra anima urla, non può essere vero, questo non può essere reale. Ma poi, sconfitta e rassegnata, dice: mai più”. In quegli stessi giorni Silvio Berlusconi fu ricevuto in visita alla Knesset, il Parlamento di  Israele: privilegio questo che viene riservato ai più grandi amici del popolo ebraico e di Israele. Benyamin Netanyahu lo accolse ricordando un episodio che fa parte della storia della Shoah e che onora i giusti che aiutarono gli Ebrei perseguitati in tutta Europa, compresa l’ Italia. Un storia che creò una profonda commozione in quell' Aula. Il Premier Israeliano raccontò la storia di una donna giusta italiana, incinta di otto mesi, che riuscì a salvare una ragazza ebrea da un poliziotto tedesco, e raccontò quella storia con queste parole: «Quella signora coraggiosa si chiamava Rosa e uno dei suoi figli si chiama Silvio Berlusconi».

D.  E dunque, quale sarebbero le Sue conclusioni al riguardo?

R.  Io credo che la frase contestata a Berlusconi, seppur sbagliata per esagerazione e superficialita', non fosse assolutamente rivolta contro gli Ebrei e non intendesse in alcun modo sminuire la Shoah o offendere il popolo ebraico. Il fatto che secondo molti osservatori anche internazionali in Italia si sia ormai in un clima di crisi con possibili esiti pre-elettorali, non significa che nel consueto bailamme debbano entrare questioni per noi sacre e meritevoli di rispetto al di la' dei singoli schieramenti. Molto semplicemente, non lo permetteremo. Probabilmente sarebbe molto piu' opportuno per tutti riflettere su quanto appena qualche giorno fa e' stato denunziato da  un rapporto pubblicato  a Vienna dall’Agenzia dell’UE per i Diritti Fondamentali: purtroppo, e'  l'Italia ad essere in cima ad una classifica di Paesi in cui circolano impudentemente su Internet ingiurie, insulti e messaggi vari di intolleranza antisemita.
 

Pubblicato: 12/11/2013
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