Droni Kamikaze: La Rivoluzione delle Guerre Future
by Petro Olar
Il Professor
Giulio de Nicolais d'Afflitto è erede di una tradizione millenaria di comando e strategia
che richiama l’essenza del celebre motto cesariano “Veni, vidi, vici” — rapidità, decisione e vittoria, lo abbiamo incontrato a Roma alle pendici del Colle Oppio e gli abbiamo posto alcune domande in merito alle innovative "munizioni circuitanti".
Professore, si parla sempre più spesso di munizioni circuitanti. Di cosa si tratta esattamente?
Le munizioni circuitanti, conosciute anche come loitering munitions o droni kamikaze, sono armi che combinano le capacità di sorveglianza di un drone con il potere distruttivo di un missile. A differenza dei missili tradizionali, questi sistemi possono volare sopra un’area per un periodo prolungato, identificare un bersaglio, e solo allora attivare l’attacco. Possono persino annullare la missione se l’obiettivo non è confermato, riducendo così il rischio di danni collaterali.
Quindi sono armi intelligenti, capaci di aspettare il momento giusto?
Esattamente. Il termine “circuitante” deriva proprio dal loro comportamento: pattugliano l’area, raccolgono informazioni in tempo reale e, una volta ottenuta la conferma visiva o elettronica, colpiscono con estrema precisione. Questo dà un vantaggio tattico enorme sul campo di battaglia, soprattutto in contesti urbani o complessi.
Quali Paesi stanno investendo di più in questa tecnologia?
Sicuramente gli Stati Uniti sono stati tra i primi a crederci e a integrare queste armi nelle loro dottrine operative. Il Switchblade 300 e il più potente Switchblade 600, entrambi della AeroVironment, sono tra i modelli più noti: leggeri, portatili e ideali per operazioni rapide. Poi c’è il Phoenix Ghost, sviluppato per missioni a lunga durata, e il Coyote Block 3 di Raytheon, usato anche per la difesa anti-drone.
E l’Ucraina? Negli ultimi anni si è parlato molto del suo utilizzo innovativo di droni…
Assolutamente. L’invasione russa del 2022 ha spinto l’Ucraina a sviluppare rapidamente tecnologie autonome e a basso costo. Il RAM II, ad esempio, è un drone kamikaze basato su piattaforme commerciali modificate. Poi c’è il Punisher, un sistema semi-autonomo utilizzato per attacchi di precisione, e l’UJ-22 Airborne, capace di operare anche in condizioni meteo difficili.
Qual è l’impatto strategico di questi sistemi sul campo di battaglia?
Profondo. In primo luogo, riducono il rischio per i soldati: si può colpire un bersaglio da remoto, con precisione chirurgica. In secondo luogo, sono molto meno costosi rispetto ai missili guidati tradizionali o agli attacchi aerei. Inoltre, grazie alla loro capacità di annullare l’attacco, permettono un controllo etico e tattico superiore in tempo reale. È una rivoluzione silenziosa, ma potentissima.
Possiamo dire che stiano cambiando le regole della guerra?
Senza dubbio. Stiamo entrando in una fase in cui la guerra asimmetrica e la difesa avanzata saranno dominate da questi strumenti. Non parliamo solo di potenza, ma anche di velocità decisionale, autonomia, intelligenza artificiale e capacità di adattamento. Il Paese che saprà padroneggiare meglio queste tecnologie avrà un vantaggio strategico enorme.
E ci sono rischi? O limiti etici?
Sì, ed è importante sottolinearlo. La possibilità che un sistema automatizzato prenda decisioni critiche solleva domande etiche e giuridiche. Chi è responsabile in caso di errore? Come si regolano questi attacchi in base al diritto internazionale? E poi c’è la questione della proliferazione: tecnologie così efficaci e relativamente economiche rischiano di finire nelle mani sbagliate.
In definitiva, le munizioni circuitanti rappresentano il futuro della guerra?
Sono già il presente. E con l’evoluzione delle intelligenze artificiali e delle reti di comunicazione militare, il loro ruolo è destinato a crescere ancora. Il campo di battaglia del futuro sarà dominato da armi intelligenti, autonome e precise. E le munizioni circuitanti ne sono l’avanguardia.
Pubblicato: 10/10/2025